Maratona di lettura “Leggere per la pace”

Martedì 21 alle ore 17, assieme ad altre associazioni del territorio, avremmo l’onore di partecipare alla maratona di lettura “Leggere per la pace“, promosssa dalle biblioteche Enzo Tortora, Nelson Mandela e Raffaello, in collaborazione con Emergency, per un momento di riflessione comune sul tema della pace.

Noi saremo alla Biblioteca Raffaello.

Cerchiamo di vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, la nostra fede, il colore della nostra pelle, la nostra lingua e le nostre tradizioni. Impariamo a tollerare e ad apprezzare le differenze. Rigettiamo con forza ogni forma di violenza, di sopraffazione, la peggiore delle quali è la guerra.” Margherita Hack

Ingresso libero fino a esaurimento posti.

Le nostre letture

Cosa è pace” di Danilo Dolci
Testo letto dalla prof.ssa Jacqueline Spaccini Jovinelli

Pace è un modo diverso di esistere.
Mi prende un dubbio. Controllo il senso della parola “pace” su altri vocabolari, non italiani. Nel Dizionario dell’Accademia francese, paix : “stato di calma, di riposo, di silenzio, assenza di chiasso o di faccende”. Nel Dizionario della Reale Accademia Spagnola, paz : “virtu’ che pone nell’animo tranquillità e sussiego, è uno dei frutti dello Spirito santo”. Nell’Oxford English Dictionary, peace : “libertà da – o cessazione di – guerra o ostilità; la condizione di una nazione o comunità in cui non c’è guerra con altri”. Nel monumentale vocabolario tedesco dei Grimm, Friede: “ozio, tranquillità, tutela”. Non ho altri vocabolari per verificare oltre, ma ove si osservi attentamente, d’altronde, si ha conferma della diffusa confusione e insufficienza al proposito, si ha conferma di come occorre chiarire l’intimo rapporto tra pace, consapevolezza, coraggio, rivoluzione nonviolenta, non vendersi, sperimentare, nuova strategia, pianificazione organica.
E’ necessario riuscire a rendere ogni giorno meglio evidente come un nuovo lavoro capillare di costruzione e pressione, prima di gruppi-pilota e poi di moltitudini di nuovi gruppi volontari, puo’ riuscire a trasformare effettivamente le vecchie strutture sociali e politiche. L’evidenza di nuovi fatti puo’ aiutare a chiarire. Certo, è un enorme lavoro, un’enorme fatica si deve fare, ma e’ forse possibile pensare che il mondo nuovo che ci necessita si possa creare da se’? Forse non costa ancor piu’ fatica – in quanto per troppi aspetti antieconomico – il mondo così come è?
Sì, pace vuol dire anche decantare rabbie e rancori, sapere disintorbidarsi per trovare il modo – ogni volta difficile – di eliminare il male senza eliminare il malato o nuocergli, capacità di sacrificio personale, sapere maturare le qualità essenziali e, quando è buio, anche se il buio dura terribilmente, saper vedere oltre. Ma tutto questo, se non è concepito nel quadro più vasto, è ancora un ingenuo tentativo di evasione: uno dei tanti modi di suicidarsi.
La pace che amiamo e dobbiamo realizzare non è dunque tranquillità, quiete, assenza di sensibilità, evitare i conflitti necessari, assenza di impegno, paura del nuovo, ma capacità di rinnovarsi, costruire, lottare e vincere in modo nuovo: è salute, pienezza di vita (anche se nell’impegno ci si lascia la pelle), modo diverso di esistere. Dice il mio piccolo Amico: “E’ il contrario della guerra”.

Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Roma-Bari 1974, pp. 225-241.

Ode alla pace” di Pablo Neruda
Testo letto da Chiara Antonelli

Sia pace per le aurore che verranno,
pace per il ponte, pace per il vino,
pace per le parole che mi frugano
più dentro e che dal mio sangue risalgono
legando terra e amori con l’antico
canto;
e sia pace per le città all’alba
quando si sveglia il pane,
pace al libro come sigillo d’aria,
e pace per le ceneri di questi
morti e di questi altri ancora;
e sia pace sopra l’oscuro ferro di Brooklin, al portalettere
che entra di casa in casa come il giorno,
pace per il regista che grida al megafono rivolto ai convolvoli,
pace per la mia mano destra che brama soltanto scrivere il nome
Rosario, pace per il boliviano segreto come pietra
nel fondo di uno stagno, pace perché tu possa sposarti;
e sia pace per tutte le segherie del Bio-Bio,
per il cuore lacerato della Spagna,
sia pace per il piccolo Museo
di Wyoming, dove la più dolce cosa
è un cuscino con un cuore ricamato,
pace per il fornaio ed i suoi amori,
pace per la farina, pace per tutto il grano
che deve nascere, pace per ogni
amore che cerca schermi di foglie,
pace per tutti i vivi,
per tutte le terre e le acque.
Ed ora qui vi saluto,
torno alla mia casa, ai miei sogni,
ritorno alla Patagonia, dove
il vento fa vibrare le stalle
e spruzza ghiaccio
l’oceano. Non sono che un poeta
e vi amo tutti, e vago per il mondo
che amo: nella mia patria i minatori
conoscono le carceri e i soldati
danno ordini ai giudici.
Ma io amo anche le radici
del mio piccolo gelido paese.
Se dovessi morire mille volte,
io là vorrei morire:
se dovessi mille volte nascere,
là vorrei nascere,
vicino all’araucaria selvaggia,
al forte vento che soffia dal Sud.
Nessuno pensi a me.
Pensiamo a tutta la terra, battendo
dolcemente le nocche sulla tavola.
Io non voglio che il sangue
torni ad inzuppare il pane, i legumi, la musica:
ed io voglio che vengano con me
la ragazza, il minatore, l’avvocato, il marinaio, il fabbricante di bambole
e che escano a bere con me il vino più rosso.
Io qui non vengo a risolvere nulla.
Sono venuto solo per cantare
e per farti cantare con me.