Una coppia, poi tre, poi…?
Hanno superato i 45 anni lei, i 52 lui: lui asserisce di parlare un ottimo italiano, ma io capisco molto difficoltosamente quel che dice; lei non parla, annuisce o reagisce con gesti spesso non chiari.
Con lieve spensieratezza mi raccontano a loro modo tante cose, che ora vivono tranquilli (vivono in occupazione), hanno un lavoro (sono precarissimi), si sono rincontrati, finalmente sposati e mi chiedono… se posso aiutarli ad avere un figlio!
Gentilissimi e sempre sorridenti, con quel sorriso che ha però un impercettibile fondo di tristezza e mi lanciano questo macigno pesantissimo. Non riesco proprio ad intuire se ci credono che possa essere veramente una cosa semplice: non posso illuderli, ma neanche deluderli.
Comincio ad investigare la situazione clinica (anche se con molte poche speranze), brigo, sbrigo, telefono ad amici, colleghi, ospedali… Provo ad inserirli in percorsi pubblici che aiutano le coppie sterili, ma in quanto i risultati non attestano niente di patologico, gli anni sono tanti e l’utero è miomatoso e problematico, solo strutture private (e quindi per loro irraggiungibili) si potrebbero occupare di loro.
Nei mesi successivi provo molte vie, provo molte parole, scherzo con loro dicendo che mi devono dare una mano avendo rapporti spesso e cercando di farlo con tranquillità.
Sono la prima che non crede a quel che dice… ma all’improvviso il fatto straordinario succede e, dopo una gravidanza che in tutti i momenti sembra in bilico, nasce un maschietto sanissimo!
Sono passati 17 mesi dal parto. Tornano, mi mostrano questo bellissimo ricciolino nero e con la stessa tranquillità e spensieratezza mi chiedono: “Visto che è riuscita a farci avere il nostro piccoletto, ora per favore ce ne fa fare un altro?” Delirio… vivono nella stessa stanza in occupazione, lui con la pandemia in corso non ha mai lavorato, ora hanno 48 e 55 anni e io non sono pronta a coordinare altri possibili miracoli!