Una mamma resiliente
Dalia ha 35 anni, arriva in Italia dall’America Latina a marzo 2018 con regolare visto turistico poi scaduto a gennaio 2019. Nel mese di ottobre 2018 la raggiunge a Roma anche il figlio di 3 anni. La famiglia vive in un appartamento insieme a un connazionale che si è offerto di ospitarla gratuitamente.
A fine ottobre 2019 la signora si presenta allo Sportello Sociale di Cittadini del Mondo per chiedere informazioni rispetto alla regolarizzazione della propria posizione sul territorio italiano.
L’associazione le offre supporto per iniziare le pratiche per la domanda di protezione internazionale e a novembre 2019 madre e figlio inoltrano richiesta presso la Questura di Roma che li porta ad essere attualmente entrambi titolari di permesso di soggiorno provvisorio per richiedenti asilo. Inoltre lo sportello dell’associazione la prepara per il colloquio presso la Commissione territoriale di Roma.
Durante questi incontri Dalia riferisce di essere scappata dal Paese di origine perché vittima di violenza da parte del marito nonché padre del bambino, violenza che si esplicava in ogni sua forma: psicologica, verbale, economica, fisica e in atti di stalking.
La signora riporta che il suo matrimonio è avvenuto sotto ricatto di lui, che minacciava di non riconoscere il figlio se lei non avesse acconsentito a sposarlo. Le violenze sono proseguite anche dopo la nascita del bambino che, per la maggior parte dei casi, era presente durante tali episodi.
Nel prendere la decisione di allontanarsi dal marito Dalia ha chiesto supporto alla famiglia che, al contrario, l’ha spinta a rimanere con il marito e a non chiedere il divorzio in quanto ciò non sarebbe stato tollerato dalla comunità di appartenenza. La donna ha sporto denuncia nei confronti del marito ma la polizia non ha mai preso provvedimenti per ciò che stava subendo. Riferisce che la polizia del suo Paese è molto corrotta e per tali ragioni non esiste un vero e proprio sistema di tutela nei confronti delle donne vittime di violenza maschile.
La continua situazione di violenza di cui erano vittime sia lei che il bambino, il mancato supporto da parte della propria famiglia e l’inesistente sistema di tutela, l’hanno spinta a lasciare il Paese e a partire per l’Italia, luogo in cui ha trovato, almeno in minima parte, una rete di supporto.
La signora, seguita dallo sportello sociale di Cittadini del Mondo, ha iniziato un percorso di supporto psicologico presso l’Istituto Nazionale salute Migrazioni e Povertà (INMP). Trova lavoro con contratto come babysitter e il bambino inizia a frequentare la scuola dell’Infanzia.
A novembre Dalia chiede l’iscrizione anagrafica a Via Modesta Valenti I perché si trova nella condizione di non poter richiedere l’iscrizione presso l’abitazione in cui ora è domiciliata, ma dal Municipio le rifiutano tale pratica in virtù dell’art. 13 DL 113/18. Decide quindi di fare ricorso con l’avvocato ASGI (Associazione Studi Giuridici Immigrazione) a cui l’abbiamo inviata e a cui pertanto trasmettiamo relazione sociale sul caso della signora.
Sono ormai numerose le pronunce giudiziarie che riconoscono il diritto del richiedente asilo alla iscrizione anagrafica: tutte hanno affermato una interpretazione dell’art. 13 DL 113/18 secondo la quale l’affermazione per cui il permesso di soggiorno per richiesta asilo “non costituisce titolo” per l’iscrizione anagrafica avrebbe soltanto l’effetto di far venire meno il “regime speciale” introdotto dall’art. 8 DL. 17.2.17 n.13 conv. in L. 13.4.17 n. 46 (secondo il quale i richiedenti asilo venivano iscritti all’anagrafe sulla base della dichiarazione del titolare della struttura ospitante) e riportare il richiedente al regime ordinario: quello cioè della verifica della dimora abituale, come previsto anche per il cittadino italiano, al quale lo straniero regolarmente soggiornante è parificato ai sensi dell’art. 6, comma 7 TU immigrazione.
A gennaio accompagniamo Dalia all’ASL per effettuare esenzione per richiedenti asilo (codice E06). Inizialmente le operatrici dell’ASL dichiarano l’inesistenza di tale esenzione ma nel momento in cui gli mostriamo la legge di riferimento ci consegnano il modulo per richiederla.
Dalia è in attesa che la Questura le comunichi il giorno in cui verrà ascoltata dalla commissione territoriale per la richiesta di asilo politico.
Intanto proseguono bene le sedute con la psicologa dell’INMP che vuole aiutarla per la commissione e le consigli di recarsi dal medico di base per farsi prescrivere una visita dermatologica che potrebbe certificare che la cicatrice che ha sull’avambraccio è stata causata da una bruciatura inflitta dal suo ex marito con una sigaretta. Tale certificato potrebbe risultare utile davanti alla commissione per provare le lesioni subite.
Racconta di voler cambiare lavoro poiché gli orari come colf/babysitter non coincidono con quelli di uscita da scuola del figlio. Il bambino a mensa non mangia quasi nulla e lei è molto preoccupata che tale comportamento sia dovuto a una sofferenza causata dall’assenza della madre e dai drastici cambiamenti che ha vissuto in questo periodo. Dalia vorrebbe cercare un’altra sistemazione abitativa che le consenta di creare un ambiente domestico più intimo e accogliente per il bambino ma è consapevole che è difficile trovare una casa a Roma a basso costo.
Dopo circa un mese trova un altro lavoro come baby sitter a uno dei compagni di classe del figlio ma la datrice di lavoro non sembra volerle fare il contratto. È motivata a cercare un lavoro con contratto anche per la mattina.
Il figlio ancora non mangia a scuola ma lei sta introducendo nella dieta del bambino alcuni alimenti italiani a cui il piccolo non è abituato e sembra che la situazione stia migliorando. Racconta che il figlio già parla molto bene l’italiano e anche lei sta migliorando. Si stanno adattando bene al territorio: ha iscritto il bambino a nuoto e frequentano le famiglie dei compagni di classe.
Dalia sembra tutto sommato serena e molto motivata grazie soprattutto alla rete che la sta supportando e che continuerà a farlo.